Sono vivo! Ritorno alla vita dopo il trapianto – Di Daniele Radice
“Sono vivo.” È stato il primo, legittimo pensiero che mi è balenato in testa dopo essermi svegliato dall’operazione. Ho già raccontato dell’esperienza post-trapianto nel suo immediato e di come essa non sia propriamente una passeggiata.
Stavolta voglio parlarvi del ritorno alla vita, perché, parliamoci chiaro, quando si è in ospedale si percepisce come una sorta di bolla che avvolge tutto e ci separa dal mondo reale.
Nella seconda metà di novembre sono tornato a casa, anche lì il percorso è stato complesso, nonostante il rientro infatti, le complicanze subentrate dopo l’intervento non si erano ancora del tutto risolte, quindi sono stato dimesso, sì, ma con un drenaggio che di certo non facilitava la vita quotidiana.
Sono andato immediatamente a vivere con Isabela, la mia compagna, dal momento che all’epoca sembrava la soluzione migliore per consentirmi di stare in uno spazio che fosse il più pulito possibile. In questa fase visite erano estremamente ravvicinate tra loro ogni due, tre giorni circa. Dopo breve (e senza aspettare il consenso dei medici) abbiamo ripreso con noi i nostri due cani, Arin e Lilli. Nonostante i vari timori e le possibili infezioni paventate, il tasso di PCR (proteina che viene prodotta durante stati infiammatori) ha continuato a scendere senza intoppi.
Tempo (e moltissimi controlli) dopo, anche la zavorra del drenaggio è stata eliminata, nel frattempo cercavo di abituarmi al “nuovo me”: da principio non mi sentivo a mio agio nel muovermi, era come se non padroneggiassi del tutto il mio corpo. È stato un recupero lento, graduale e non privo di ostacoli.
A marzo, inizio a lavorare in una pizzeria come fattorino, ancora arranco leggermente, ma inizio a recuperare i ritmi di una vita normale, e tento, al meglio delle mie possibilità, di darmi da fare.
In estate torno a studiare doppiaggio, tentando nuovamente la fortuna in un’attività che svolgevo prima che la mia situazione di salute peggiorasse e a cui sono rimasto affezionato. A settembre il recupero è pressoché completo e riusciamo ad andare in Germania (Erlangen) e in Romania (Bacau) mentre ad ottobre in Irlanda (Dublino) con altri nostri amici. Inizio contemporaneamente un corso per diplomarmi come educatore cinofilo (sì, nel caso non si fosse capito, mi piacciono i cani).
Dopo un anno dalla mia dimissione post-trapianto, le forze sembrano tornate quelle di un tempo, anzi meglio. Inizio nell’ordine arrampicata, equitazione, palestra e ritorno sul palco scenico con la Compagnia Officium. Non mi sento mai affannato, mi stanco prima a livello muscolare che polmonare. L’unico neo a livello di salute in questo periodo è un ricovero a gennaio a causa di una polmonite.
Parallelamente continuo a lavorare in pizzeria. A marzo prendo una cucciola, Nova. So cosa state pensando, no, non avevo tre cani allo stesso tempo, io e Isa ci eravamo lasciati, quindi non avevo Lilli. Il mese dopo mi reco nuovamente in Germania, stavolta in macchina. Un viaggio impegnativo, ma estremamente appagante e stimolante. Due mesi dopo conseguo il diploma come educatore cinofilo, in estate lascio il lavoro in pizzeria, interrompo equitazione (per motivi economici) e metto definitivamente da parte il sogno di fare il doppiatore, soprattutto perché totalmente assorbito dall’ambito cinofilo a cui inizio a dedicarmi a tempo pieno.
Non ho abbandonato arrampicata e palestra però, a cui abbino ogni volta che posso giornate di trekking qua e là in Italia (con tanto di cani al seguito) la prima specialmente che è diventata una vera passione. In seguito sono stato due settimane in India con un amico e dopo ancora in Georgia per nove giorni da solo.
So di non aver fatto un racconto avvincente di questi ultimi due anni e mezzo, ma questa sorta di “diario di bordo” è stato fatto per condividere con voi quella che per ora è la mia breve, ma decisamente intensa, vita a due anni dall’intervento.
Ho avuto modo di viaggiare tanto, tra Italia ed estero, raramente mi sono sentito stanco e, sebbene sicuramente sia una persona discretamente attiva, mi sono potuto permettere di fare ancora più di prima, senza rinunciare a nulla (per lo meno non per motivi di salute). Resta il fatto che non è una passeggiata, ho dovuto avere tante piccole accortezze e ho “coccolato” i nuovi polmoni col massimo impegno possibile, ma, finalmente, posso dire che ne è valsa la pena: l’attesa interminabile del trapianto, i quattro mesi e mezzo di ricovero, i dolori vari ed eventuali, la lunga ripresa.
Alla fine tutto questo ha avuto un senso, ogni sacrificio è stato ripagato.
Ora posso dirlo.
Sono vivo.